L’intervista

Preziosa manna, ma va valorizzata: “Diventi un simbolo forte della Sicilia”

Parla Giulio Gelardi, una vita dedicata al rilancio culturale prima che economico del prodotto naturale dei frassini coltivati solo a Castelbuono e Pollina

Giulio Gelardi manna
Il murale dedicato a Giulio Gelardi a Pollina. Disegnato dall'artista Dinho Bento

Preziosa. Rara. Pregiata. Evocativa. Utile. In alcuni casi necessaria. Rinata. Cos’è? È la manna. No, non è un dono che scende dal cielo, è frutto di un lavoro preciso, faticoso, antico. Un lavoro certosino riscoperto e valorizzato negli ultimi decenni, ma ancora sottovalutato.

Anche se, grazie alla passione, agli studi, alla testardaggine di un signore ruvido e diretto, espertissimo in teoria e pratica, oggi si vede un cambio di passo, che valorizza questa resina e con essa il lavoro dei contadini. Questo signore della manna è Giulio Gelardi, una vita dedicata al rilancio culturale prima che economico del prodotto naturale dei frassini coltivati solo in Sicilia, a Castelbuono e Pollina, sulle Madonie. Un impegno iniziato quando tutti erano convinti che fosse moribonda. Che non rendesse. Lui l’ha studiata e ha scoperto che si sapeva pochissimo della manna, giravano anche leggende false. Ha deciso così, quasi quarant’anni fa, di farla diventare di interesse culturale e di imparare a farla in modo diverso. Di valorizzare questo bene che fa bene. Lo incontriamo al Museo della Manna di Pollina gestito da Franco Raimondo.

Cominciamo dall’inizio allora, Cos’è la manna?

“È stata la prima doc (denominazione di origine controllata) italiana, ma quando ancora non c’erano le doc. Nel 1928 c’era già una legge sulla manna, la 3144: ‘il nome manna e riservato al prodotto derivante dalla corteccia
dell’Orniello, od Amolleo (Fraxinus ornus), e del Frassino (Fraxinus excelsior). È vietato preparare, vendere, porre in vendita o mettere comunque in commercio manna contenente saccarosio, sostanze amidacee o sostanze estranee di qualsiasi natura, tranne le impurezze naturali nella proporzione normale per i diversi tipi di manna
’. Una legge mai stata rispettata. Anche oggi in commercio, soprattutto in farmacia troviamo manna che non è manna”.

 

Giulio Gelardi manna

 

A cosa serve?

“Per le sue proprietà viene utilizzata non solo nella preparazione dei dolci, ma anche in farmacia e in erboristeria. È consigliata al posto dello zucchero tradizionale in soggetti diabetici in quanto contiene bassi livelli di glucosio e ha proprietà lassative e depurative. È utilizzata in farmacia: il mannitolo estratto dalla manna è uno dei tanti prodotti salvavita. Serve anche ai maratoneti, con la manna si supera l’avvelenamento da acido lattico. Ho scoperto che è un ottimo cosmetico: emolliente, rinfrescante e detergente. Lo sapevano solo i contadini… chi raccoglie manna non ha bisogno di sapone, lava anche bene i panni. E infatti ho iniziato ad applicarne l’uso nel campo della cosmetica, seguito da molti. Io poi produco cioccolata con manna con una cooperativa di commercio equo e solidale di Modica. Faccio il liquore con la manna, un digestivo, ma dolce; petali di manna, cannoli di manna, biscotti alla manna…”

Dove e come si produce?

“La manna viene ottenuta praticando delle incisioni sul tronco del frassino orniello in modo da far uscire la linfa. Le incisioni sul tronco dell’albero vengono eseguite quotidianamente nel periodo estivo, da fine luglio fino a settembre, con un caratteristico attrezzo tagliente detto in gergo mannaruolo, procedendo dal basso verso l’alto. Dalle incisioni fuoriesce la linfa che, a contatto con l’aria e con il calore del sole, solidifica assumendo l’aspetto e la forma di una stalattite. Nel 1986 quasi per caso ho ‘inventato’ un nuovo metodo di raccolta. Fino ad allora, la manna che stillava dai tagli scivolava in buona parte sul tronco e sui rami, e la raccolta avveniva tramite raschiatura. Si otteneva così una manna poco pulita, contenente pezzi di tronco e altre impurità. Una sera, dopo aver salutato mia madre che stava rammendando dei pantaloni, passando nel campo vidi un ramo che faceva un gomito, dove stava gocciolando della manna. Tornai di corsa indietro, presi la spagnoletta del filo, tornai dal frassino e feci in modo che il nodo corrispondesse alla goccia. Siccome il filo svolazzava, presi una pietra da terra e gliela legai sul fondo. Al mattino trovai un cannolo, poco più grosso di un fiammifero, rappreso attorno al filo. Era la soluzione. Comprai dieci spagnolette e iniziai a legare il filo agli alberi. Oggi si usa il filo di nylon, liscio e più resistente. Il risultato è che la manna prodotta è molto più pulita, di qualità superiore. Invece di ottenere il 4/5 per cento ho ottenuto il 50 per cento di prodotto puro”.

Perché lei ha in qualche modo rivoluzionato il mondo dell’oro bianco delle Madonie?

“Per secoli la manna è stata prodotto per industria. Si faceva manna anche sporca tanto la pulivano le industrie. Si producevano fetenzie. L’industria aveva necessità di materia prima che costasse poco, sempre meno. Io capivo che l’industria teneva basso il prezzo… Cominciai a studiare per avere manna purissima da commerciare direttamente saltando tutti i passaggi”.

E quindi?

“La rivoluzione è stata non produrre scarto (che magari andava all’industria) ma prodotto puro. Così io ora vendo direttamente a erboristerie farmacie, turisti. La manna è uno dei prodotti di punta del Salone del gusto di Torino, come prodotto da salvare. È presidio Slow Food. Perché la manna non basta venderla, bisogna spiegarla”.

 

Giulio Gelardi manna

 

Com’è oggi la situazione commerciale e non solo? Come si prospetta il futuro?

“La manna va protetta. Servono finanziamenti per le coltivazioni che rischiano l’abbandono. Come si ottengono? Bisogna arrivare al riconoscimento della manna come prodotto simbolo della Sicilia. Dev’esserci un riconoscimento culturale come è successo con le statue del Gaggini, adesso finalmente riconosciute come le migliori. Solo così arriveremo a far capire che la manna è materia prima pregiata. Faccio un esempio: la vaniglia per i dolci, un pizzico che vale molto. Ecco così dev’essere per la manna. Anche perché alle spalle ha un lavoro pesante, concentrato in due mesi in cui non puoi abbandonare la guardia 24 ore su 24”.

Quali i problemi più impellenti?

“Oggi i problemi sono problemi di produzione. È talmente scarsa che se non si fa questa operazione rischia di diventare un prodotto di nicchia. È necessario aumentare lentamente la produzione. Bisogna, e qui sta il mio impegno, far diventare la manna un prodotto contadino artigianale. Se si afferma bene, avra valore e qualcuno continuerà a lavorarlo. Se invece prenderanno il sopravvento commercianti e industria, la manna si deprezzerà e la sua produzione verrà abbandonata”.